Ricordatevi sempre che siamo una specie diversa dagli umani non solo sotto l’aspetto fisico ma anche comportamentale: quindi non sempre i nostri valori coincidono con i vostri.
Facciamo un esempio: noi catturiamo un uccellino e ne siamo fieri, voi invece inorridite perché gli uccellini vi fanno tenerezza.
Avete la tendenza ad antropomorfizzarci, parola che significa che carcate di attribuirci caratteristiche umane che non ci appartengono. Antropomorfizzare = imputare a noi gatti esigenze proprie di voi uomini, senza tenere conto delle nostre.
A volte ci trattate come bambole, ci vestite, fate video con vocine che non sono nostre… Non a tutti noi piace essere trattati così, anche se voi non lo fate con cattiveria. Dimenticate che siamo animali e non esseri umani.
C’è anche un altro rischio che si chiama cinomorfizzare = pensare a noi gatti come se fossimo cani.
Differenze tra noi gatti e i cani.
- Noi pensiamo in autonomia e non dipendiamo da voi;
- Il cane vive per il gruppo, dipende di più da voi.
Come dicevo prima, per noi voi siete compagni di vita, ai nostri occhi non siete dei padroni, bensì amici e per questo non dovete aspettarvi che i gatti siamo predisposti all’obbedienza.
Instaurare un rapporto con noi più o meno profondo dipende in primis dal nostro carattere poi però sta anche a voi con la pazienza, il rispetto e soprattutto l’amore dimostrarci il vostro affetto.
Siamo in grado di sorprendervi ogni giorno, non siamo monotoni e riusciamo ad instaurare ognuno di noi, in modo diverso, un rapporto intimo ed empatico.
Un esempio di speciale rapporto uomo/gatto.
Vi ricordate che vi raccontavo di Cesare, il gatto che viveva all’esterno della nostra abitazione, in quanto positivo alla Fiv? Beh, lui, nonostante provenisse dalla strada, non faceva parte di una colonia, ed era in grado di procacciarsi il cibo per conto suo, non amava particolarmente il contatto con gli umani, e ha instaurato con la mamma un rapporto quasi simbiotico. A qualsiasi ora tornasse a casa la mamma, lui sbucava, non si sa esattamente da dove, per andare ad accoglierla.
Quando si è reso conto che lei si preoccupava non solo di dargli il cibo ma anche di tenerlo pulito, al caldo d’inverno e di curarlo quando era necessario portarlo dal veterinario, si è instaurato un rapporto intimo di reciproco affetto e fiducia.
“Fiducia” che bella parola, questa fiducia che non si è mai incrinata neanche quando lo portava dal veterinario. Ogni volta doveva catturarlo, in macchina piangeva come un disperato idem dal veterinario, urlava che la gente intorno si preoccupava che stesse bene. Poi durante la visita improvvisamente si calmava.
La mamma gli sussurrava nelle orecchie che doveva stare tranquillo che comunque sarebbe tornato a casa con lei.
Era convinta che una volta tornati a casa e liberato sarebbe scappato e invece no. Lui rimaneva vicino a lei. Questa cosa la ricompensava di tutta la tensione che pativa per doverlo catturare e sentirlo piangere. Una volta è scoppiata anche lei in lacrime perché pensava di torturalo ogni volta che dovevano andare via in macchina.
Quando ha incominciato a stare male per davvero, la mamma si era già portata avanti, cercando di abituarlo al garage. Cercava di fargli capire che era un posto dove doveva sentirsi al sicuro. Passava molti pomeriggi, le sere e i fine settimana ad accompagnarlo dentro il garage facendogli le coccole, poi lo lasciava uscire per fargli capire, a modo suo e senza la certezza che capisse, che si trattava di un luogo dove non doveva sentirsi prigioniero.
Cesare ci ha lasciati a fine novembre 2019. Ogni sera la mamma lo accompagnava giù in garage e stava con lui anche diverse ore. Aveva preparato un giaciglio pulito e caldo. Gli aveva posizionato una lettiera, che sorprendentemente ha imparato ad usare quasi subito, gli aveva comprato un cuscino riscaldante per gatti, acqua e cibo eran sempre a sua disposizione. E le coccole, quante coccole venivano elargite in questi momenti.
La mattina prestissimo tornava a somministrargli le medicine e lo lasciava libero di uscire per tutto il giorno. Il suo peggior incubo, lo ha ammesso anche a me, egoisticamente parlando è che se ne andasse a morire per conto suo, come facciamo di solito noi gatti, senza la possibilità di stargli accanto fino alla fine.
L’ultimo viaggio dal veterinario, è stato il più straziante, era talmente stanco da non piangere, sono rimasti insieme fino all’ultimo respiro, papà compreso. Con la morte nel cuore, mamma sapeva di avere fatto la cosa giusta ma non per questo facile. Quanto ha pianto….
Devo ammetterlo io ero un pochino geloso del loro rapporto.
La mamma ci ama in egual misura ma anche con delle differenze, si adegua al nostro carattere, ed alle nostre fragilità. Insomma al nostro essere.
Ci sono momenti nella vita dove una “mamma” deve preoccuparsi di più di uno di noi, perché malato o perché è in un momento difficile della sua vita, poi per il resto siamo la sua felicità e il suo conforto, come dice sempre lei.
Oh non è perfetta, parliamoci chiaro anche lei torna a casa dal lavoro stanca e non ha voglia di giocare. Anche mamma viene spesso travolta dalla frenesia della vita e dagli impegni, ma cerca comunque di esserci, per noi, sempre. Parla tanto con noi, a volte la capisco altre no. Ma lei lo fa convinta che sia utile al nostro rapporto. Dai!!! C’è’ chi parla con le piante allora parlare con il proprio gatto non è poi così grave!!
E’ riuscita a fare innamorare di noi anche il babbo, che inizialmente non ci toccava, puliva dove ci eravamo seduti e così via. Con pazienza insieme gli abbiamo fatto capire che siamo animali dolci e affettuosi e soprattutto puliti.
Vi dirò di più adesso, io e lui adesso abbiamo instaurato un rapporto fantastico. Non ho dimenticato che è stato lui a trovarmi in mezzo alla neve, ed è stato lui ad accogliermi in casa nonostante le sue remore sul convivere con un animale, cosa che non gli apparteneva. La parola chiave è amore, pazienza e rispetto. Io direi sia la formula giusta per tutti gli esseri viventi.